I Rivetti

di Manlio Schettini

Per la Storia della comunit di Maratea sono importanti tre date: il 723, quando i Marin(a)i di Armenia naufragarono sulle nostre coste con le reliquie di S. Biagio ; il 1806 quando le truppe Francesi assediarono e bombardarono il nostro Castello ed il 1953, anno in cui industriali lanieri biellesi insediarono i loro stabilimenti nel nostro territorio. Per inciso questultima data anche quella della mia nascita: ci non ha particolare rilievo, anche se la contemporaneit anagrafica mi ha permesso di vivere direttamente la cronologia di quegli eventi.

Ho appena finito di leggere un interessante volume regalatomi dal mio carissimo amico e fine intellettuale Pasqualino Avigliano, dal titolo: Inciou su Tutt: inchiodo tutto, chiudo tutto. E la minaccia che Giovanni Rivetti rivolgeva ai suoi operai minacciandoli di chiudere tutto, di inchiodare tutto, se non avessero rispettato le sue direttive ed i suoi ordini. L autore Gilberto Seravalli ricostruisce nel dettaglio la storia industriale e politica della famiglia Rivetti e credo che per un marateota sia fondamentale approfondire questa lettura, anche per sfatare alcuni miti e luoghi comuni con cui viene intrepretata lintera,complessa vicenda. Seravalli ricostruisce nel dettaglio la storia dellindustria laniera in Italia, descrivendo in modo scientifico il cambiamento tecnologico avvenuto in questo settore e chiarendo con indagini sociologiche e statistiche limpatto di questa industria nella societ italiana.

Si evincono alcuni punti fermi.

I Rivetti sono una famiglia biellese di umili origini: gli antenati Giuseppe e Ottavio lavoravano come operai in una filatura di propriet della famiglia Sella  Giuseppe,a met 800, si mise in proprio e cominci a sviluppare con grande acume e lungimiranza unimportante industria laniera a Biella. Fu Benito Mussolini a favorire la loro nomina a Conti del Lavoro nel 1941 per i loro indubbi meriti industriali.

I metodi di gestione della fabbrica dei Rivetti furono sempre caratterizzati dallestremo autoritarismo e dallassoluto rifiuto di dialogo con la classe operaia che, infatti, gli antenati minacciavano spesso di buttare sul lastrico chiudendo tutto.

Grande fortuna ebbe la famiglia con le due guerre mondiali, quando, grazie allappartenenza Sabauda e poi Fascista, i Rivetti ebbero importanti commesse per la confezione delle divise militari, e questa attivit determin enormi fortune per la loro impresa.

Il progetto industriale di Giovanni ed Oreste Rivetti prevedeva la realizzazione di una vera e propria Citt della lana a Biella, come era stato per i Marzotto a Valdagno, ma questa idea non arriv a compimento per la perdita di peso economico e politico che la famiglia sub nel secondo dopoguerra.

Ed ecco che la storia di questa famiglia industriale piemontese si incrocia con quella gi drammatica e penosa del Mezzogiorno: la visione dellepoca una visione piena di iniziative e speranze. Dalla nuova Italia repubblicana il Sud aspetta quel riscatto che gli stato negato dopo lunit dItalia.

 Lapproccio alla secolare questione meridionale tratteggiato in modo suggestivo in un bellissimo libro di Giuseppe Lupo La Storia senza redenzione, in cui lautore stigmatizza le tre modalit tipiche di approccio intellettuale al problema: latteggiamento fatalistico disilluso in cui tutto cambia, perch nulla cambi tipico della visione Gattopardesca del Tomasi di Lampedusa o del De Roberto ; latteggiamento rivoluzionario e revanscista che si collega al brigantaggio, di Carlo Alianello ed il punto di vista pietistico ed amorevole di Carlo Levi  Nessuno di questi atteggiamenti ha prodotto risultati tangibili ma nel secondo dopoguerra, approfittando di una forzata e rapida necessit di ricostruzione, menti eccelse delleconomia e della politica hanno cercato di affrontare fattivamente il problema, dando una spinta importante agli investimenti ed alle iniziative industriali nel Sud.

In questa atmosfera di promozione e speranza nacque lavventura Marateota dei Rivetti, il cui disegno simile alle attuali delocalizzazioni di industrie in territori sottosviluppati ed a basso costo di manodopera. La Famiglia Rivetti fru del totale appoggio economico della Cassa per il Mezzogiorno e fu cos che nel 1953 vide la luce lo stabilimento Rivetti di Maratea: i cospicui finanziamenti arrivarono senza che se ne stabilissero gli obiettivi ed i risultati e questo, secondo il Seravalle, uno dei grandi limiti di tutta limpresa. Il Conte Stefano, che peraltro aveva intuito gi negli anni 50 i possibili e fruttuosi legami dellindustria tessile con la nascente moda italiana, intraprese una vera e propria attivit di possesso del territorio stornando dalliniziale progetto somme cospicue per costruire alberghi, dimore principesche e opere particolari come il grandioso Cristo. Dopo un iniziale decollo limpresa cominci a barcollare gi nei primi anni 60, richiedendo lintervento dellIMI e dellENI in un complesso e caleidoscopico processo di rifinanziamento e gestione. Limpatto con il territorio fu drammatico: una legione di Cavalieri Teutonici piomb su Maratea e Praia a Mare, stabilendovi una vera propria dittatura. Ricordo benissimo quellatmosfera e quegli anni: i biondi ed alti rivettini, come venivano chiamati in paese, erano praticamente degli Esseri Superiori, ai quali risultava difficile anche applicare le Leggi della normale convivenza civile. Su tutto questo calava pesante e perentorio il giudizio di importanti intellettuali come Indro Montanelli che dalle pagine del Corriere della Sera, descriveva i Marateoti come una trib primitiva, adusa a mangiare olive, carrube e cacio pecorino, cui la calata dei Rivetti portava redenzione, verit e ricchezza. Un misero Deja vu : tutto questo era gi accaduto un secolo prima, quando i Piemontesi, questa volta in armi, erano calati violentemente sul Regno delle Due Sicilie disprezzandone i cittadini, perseguitandone i fedeli al Re e fingendo di aspergere il terreno conquistato con la Manna della Verit e della Ricchezza. Rivetti riproduceva in modo pedissequo questo stesso canovaccio: mentre si serviva di lavoro sottopagato o appaltato allesterno a costi da fame, indirizzava in occasione del Natale 1960 una paternalistica lettera di auguri al proprio personale, auspicandone il miglioramento lavorativo e limpegno totale per il buon fine dellImpresa. Nel frattempo convinceva la Madre Leoni, Madre generale delle Figlie di Nostro Signore al Monte Calvario a trasferire da Maratea la Madre Enrichetta, che aveva osato protestare perch le giovani che lavoravano per Rivetti al Rammendo dei Cappuccini non venivano pagate. Ma Rivetti aveva importato a Maratea i Padri Gesuiti e, nella sua lettera di augurio del Natale 1960, pregava le maestranze di rivolgersi ai Santi Padri qualora vi fossero stati problemi di salario e di lavoro da risolvere: roba da Inquisizione, da non credere. Eppure accaduto veramente. Autoritarismo, paternalismo, mal celato senso di netta superiorit sui villici indigeni. Indubbiamente tutto aveva anche dei motivi reali, legati alle condizioni di particolare arretratezza in cui versava la popolazione: ricordo benissimo che al tempo bisognava approvvigionarsi di acqua alla fontana, che era un vero e proprio luogo di aggregazione sociale, anche perch donne giovani di tutto il territorio venivano a lavarci i panni ; nessuno di noi conosceva lesistenza del riscaldamento in casa e lunica fonte di calore per i rigidissimi inverni di Maratea era la legna in tutte le sue versioni, fino allesiziale braciere, pericolosissimo mezzo di riscaldamento domestico, ed alla mitica borsa dellacqua calda notturna. Tutto vero: in quegli anni si percorsero in senso figurato diversi secoli, passando dal tardo medioevo alla contemporaneit in un decennio  Ma era necessario umiliare e mortificare i Marateoti imponendo ordini insensati dallalto e ricordando loro continuamente la loro bruta inferiorit !!??

Come in tutte le storie romanzate che si rispettano anche nelle umile e medioevale Maratea degli anni 50/60 si svilupp sotterraneo un senso di rivolta a questo atteggiamento onnivoro e sprezzante dei Piemontesi: prima il Campanile nelle elezioni del 1960, poi la Sveglia nel 1964 riuscirono a scuotere gli spiriti mai domi dei marateoti e ad avviare laffrancamento dal potere assoluto dei piemontesi. Ero bambino, ma stavo vivendo, senza saperlo un Risorgimento al contrario: cento anni prima gli stessi Piemontesi erano riusciti a d imporre il loro dominio con le armi ed il sangue, ora i poveri marateoti riuscivano inopinatamente a risvegliarsi ed a cercare di partecipare alla costruzione del loro futuro.

Mi sentirei di aggiungere una quarta categoria alle classiche esposte da Giuseppe Lupo nella sua opera: il risveglio intellettuale e morale convogliato democraticamente. Quanto quei gesti siano valsi ad assicurare a Maratea un futuro migliore, non dato sapere, ma non cՏ dubbio che in tutta la vicenda lunico protagonista che ha percorso positivamente tutto il periodo il popolo marateota  Un popolo che da secoli solcava gli oceani in cerca di miglior fortuna, che da secoli sfidava limperviet e durezza del luogo cecando di evolversi socialmente, intellettualmente ed economicamente: ci sarebbe riuscito anche senza il Conte Rivetti ? Non lo so, ma questa unaltra storia.

Perdita del controllo politico del territorio, ingerenza dellENI e rottura del patto implicito per cui lindustriale guadagnava e lo Stato spendeva, portarono gradatamente al disastro: nel 1969 i lanifici Rivetti di Maratea non esistevano pi. Il Conte Stefano Rivetti aveva realizzato il motto del suo antenato: Inciou su tutt

Attualmente resta sul territorio una serie di manufatti eccezionali, tra cui lHotel Santavenere ed il Cristo Redentore e molti ruderi industriali abbandonati in cui prosperano erbacce e rifiuti.

Ho incontrato personalmente il Conte Stefano Rivetti nella primavera del 1965, in occasione dellarrivo a Maratea del Giro dItalia: vinsi il primo premio per un tema sullevento sportivo che fu pubblicato sulla Gazzetta dello Sport . Mi premi il Conte Stefano stringendomi la mano e consegnandomi una Stella doro: era alto, biondo,bellissimo, vestito in modo impeccabile  Nella mia mente di bambino per molti anni confusi la sua immagine con quella di Dio .

 

 

 

 

Roma 04 maggio 2025

Manlio Schettini

 

 

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