Galileo Galilei tra Scienza e vino di sua produzione
Galileo Galilei nacque a Pisa il 15
febbraio 1564, e morì ad Arcetri l’8 gennaio 1642, all’età di 78 anni. Visse la
sua vita tra Pisa, Firenze e Padova. Ben note sono la sua scienza, e la sua
cultura; meno nota è la sua propensione a bere vino, e la stessa sua
produzione. Galilei ebbe a descrivere il contrasto tra la bellezza delle
bottiglie e la scarsa qualità del vino in esse contenuto. Infatti, il vino
veniva imbottigliato anche in fiaschi rotondeggianti, con una impagliatura,
oggi in disuso, la cui capacità era di circa due litri e 280 centimetri.
D’altronde, Pietro Mascagni inserì, nella
sua opera “Cavalleria rusticana”,
l’aria “Viva il vino spumeggiante, nel
bicchiere scintillante/Come il riso dell’amante/Mite infonde il giubilo…”.
E Giuseppe Verdi inserì, a sua volta, nella “Traviata” l’aria “Libiamo, libiamo, libiam“; ed ancora Verdi,
nel Falstaff, usa il vino come elemento di vita di dissipatato
e burlone. E Puccini nella “Boheme”: <<Ah,
se nel bicchier sta il piacer/in giovin bocca sta l’amor>>.
Purtroppo, era ancora ignota la tossicità
dell’alcol etilico sul corpo umano; e persino nella celebrazione della “Santa
Messa” nel rito cattolico, il vino rappresenta il sangue di “Gesù Cristo”.
Galilei, nato a Pisa, si trasferì a Padova
nel 1592, e lì visse per 18 anni, definiti, da Lui stesso, i migliori della sua
vita, comprandovi una casa, dotata, tra l’altro, anche di un vigneto, la cui
uva era utilizzata per produrre vino, che Galilei dava anche in dono, e ne
riceveva di produzione nel Sud Italia. Il suo allievo prediletto, e biografo,
Vincenzo Viviani, scrive: Galilei amava “…l’esquisitezza
e varietà de’ vini e dell’uve e del modo di custodire le viti ch’egli stesso di
propria mano le potava e le legava negli orti delle sue ville, con osservazione,
diligenza e industria più che ordinaria, e in ogni tempo si dilettò grandemente
dell’agricoltura, che gli serviva insieme di passatempo e d’occasione di
filosofare”.
Galilei era convinto che il vino è frutto
della interazione tra sole, terra e acqua, e ne divenne un appassionato
produttore, e conoscitore nelle sue varie fasi, dalla pestata, alla
fermentazione, alla conservazione in botti, ottenendo una gradazione tra 10 e
13 gradi. Da buon osservatore, Galilei notò: “Per cavare da un medesimo tino il vino dolce e maturo, e far che vi
resti l’agro, si faccia empiere il tino di uve senza ammostare in grappoli
intieri, e si lasci così stare qualche poco di tempo; che sturando la cannella,
uscirà vino maturo…”.
L’Accademia dei Georgofili, tramite le sue
ricerche nel campo dell’Agricoltura, ha ricostruito la pianta della “Cantina”
di Galilei, annessa alla sua villa. Essa era dotata, tra l’altro, di tre botti
di ciliegio, che dava profumi particolari al vino. Anche in quell’epoca
avvenivano scambi di doni tra amici. Galilei inviava ad Ascanio Piccolomini
vini prodotti a Montalcino in cambio di salumi.
Con il passare degli anni, Galilei perdeva
i denti, e, non potendo masticare, abusava di vino! Di ciò, Galilei era
consapevole, e confidava a Vincenzo Viviani: “Questo bere mi conduce alla bara”.
Pur con il suo alcolismo, peraltro, da sé
stesso deplorato, Galileo Galilei continuava a meditare sul movimento della
Terra, e sulle orbite dei pianeti, lasciando in eredità, alla Umanità intera, principi
di Scienza.
Pubblicato su Il Quotidiano del Sud il 3
aprile 2025